Era il 2016
Era estate
Era il mio secondo concerto
Era l’anfiteatro delle cascine
Erano le ultime canzoni di Daniele Silvestri
Era il vento caldo
Erano loro due
Non molto lontani da noi
Lei assomigliava alla sorella di una mia amica, lui a dire il vero non me lo ricordo
Erano giovani
Era buio
Erano loro che ballavano e cantavano
Era la bibita che tenevano in mano
Erano i loro vestiti larghi
Era il modo in cui si guardavano
Era la vita che emanavano
Era il modo in cui sembravano non voler essere da nessun’ altra parte
È il modo in cui mi sono sempre immaginata la felicità.
La spensieratezza.
La libertà.
E così quando questa specie di incubo che sembra non voler finire è cominciato, ho pensato anche a loro.
Agli amanti che non hanno potuto essere tali.
Alla libertà che non è stata sprigionata dai loro corpi
Alle bibite rimaste nel freezer
Alle parole non urlate a squarciagola.
Alle canzoni nelle quali non ti ritrovi.
E a quelle che canteresti per tutta la vita.
Alle parole non dette sotto la pioggia battente.
Ai balli mai fatti.
Ai cieli di primavera lasciati soli.
Alle stelle cadenti che sono cadute da sole.
Ai momenti che non sono rimasti impressi in una fotografia.
A gli sguardi che non si sono incontrati.
A quelli che non si sono abbassati per paura di essere visti.
A tutte le persone che non si sono incontrate.
A chi non è stato salvato da una strofa.
Da un ritmo.
Da una parola.
Ai concerti che non hanno fatto innamorare.
Adora la matematica e infatti vorrebbe fare la giornalista, vive a Legri ma nega di conoscere la Laura, progetta delle rapine in banca guardando La casa de papel e scrive film con la Sara ma non ne ha ancora finito uno. Sogna di andare in Kenia per mettere pace tra i leoni e le gazzelle e nel frattempo anche aiutare i bambini che soffrono la fame e la povertà.